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Ore 12 - Follia Omicida a Tokyo
(troppo vecchio per rispondere)
ROB (Senza Numero)
2008-06-08 15:19:50 UTC
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Un uomo di 25 anni, armato di un coltello, ha aggredito senza motivo
apparente numerosi passanti oggi in un quartiere affollato di Tokyo,
uccidendone sei e ferendone 11, si legge sul sito internet della Bbc.
L'autore del folle gesto è stato arrestato, ha riferito la polizia, che però
non ha diffuso altri dettagli oltre al nome del sospettato, Tomohiro Kato.

Stando alla ricostruzione dei fatti fornita dai media giapponesi, intorno a
mezzogiorno un uomo a bordo di un camioncino si è lanciato contro la folla
nei pressi della stazione di Akihabara, quartiere noto per i suoi negozi di
elettronica e videogiochi e per questo molto frequentato sia da giapponesi
che da turisti, specialmente di domenica quando la zona viene chiusa al
traffico. L'uomo è quindi sceso dal veicolo e si è scagliato sui passanti,
sferrando coltellate a caso: 17 le persone colpite, sei delle quali sono
morte. Si tratta di cinque uomini, di 19, 20, 29, 47 e 74 anni e di una
donna di 21 anni, riferiscono le agenzia di stampa giapponesi Jiji e Kyodo.

L'aggressore, che era stato in un primo momento identificato come un
appartenente a una gang affiliata alla yakuza, la mafia giapponese,
sembrerebbe però aver agito in un momento di follia. Dopo l'arresto ha
infatti dichiarato agli agenti di essere "stanco di vivere". "Sono venuto a
Akihabara per ammazzare delle persone - ha aggiunto - non importa chi esse
siano". Secondo testimoni l'aggressore urlava frasi sconnesse mentre
brandiva il coltello colpendo i passanti a caso. "Era un carnaio, c'erano
corpi ovunque. Alcuni erano coscienti, altri no, stesi sul lato della strada
e sul selciato", ha raccontato alla Bbc un britannico che lavora a Tokyo.
Oggi in Giappone ricorre per altro l'anniversario di un altro folle
episodio, che risale al 2001, in cui un uomo affetto da disturbi mentali
entrò in una scuola elementare della città di Osaka e accoltellò alunni
presi a caso uccidendone otto mentre 15 persone, tra bambini e insegnanti,
rimasero ferite. LO scorso 16 gennaio, inoltre, un ragazzo di 16 anni armato
di due coltelli da cucina, ferì numerose persone in un centro commerciale di
Tokyo.

Da Ansa.it
Massimiliano Crippa
2008-06-09 18:32:27 UTC
Permalink
CVD
--
Massimiliano Crippa
www.nipponico.com - www.wa-sabi.com
Monfrin
2008-06-11 14:02:19 UTC
Permalink
CVD
Perché?????

Monfrin
ROB (Senza Numero)
2008-06-29 17:27:13 UTC
Permalink
Il Giappone scioccato si interroga sul massacro di Akihabara
di Pino Cazzaniga su Asianews

In una società che ora ha paura e cerca soluzioni, c’è chi vuole dare
maggiori poteri alla polizia e chi si interroga sulle cause psicologiche o
sociali che favoriscono in alcuni lo sviluppo della tendenza alla brutalità.
Andrebbe approfondito il ruolo che può giocare la religione, ma qui la
Chiesa è “timida”.


Akihabara è il quartiere di Tokyo noto in Giappone e all’estero per i suoi
negozi di elettronica e come centro della sotto-cultura moderna, compresi i
cartoni animati. Alla domenica tutta la zona è chiusa al traffico e la
“mecca dell’elettronica” diventa il paradiso dei pedoni, specialmente
giovani. Ma domenica 8 giugno il paradiso si è trasformato in un inferno:
poco dopo mezzogiorno un autocarro vi è entrato a velocità sostenuta,
travolgendo alcuni passanti. Il conducente. Tomohiro Kato, 25 anni, è poi
sceso dal pesante automezzo e con un pugnale, ha colpito indiscriminatamente
i passanti uccidendone sette e ferendone dieci, prima di essere bloccato da
un poliziotto.

“Sono nauseato del mondo e stanco della vita. Sono venuto ad Akihabara per
uccidere, non importa quali persone”, ha detto alla polizia.. Il nefando
crimine ha gettato tutta la nazione nello sconcerto e nell’abbattimento
anche perchè l’assassino non ha agito in seguito a un raptus di pazzia ma
con assoluta lucidità e determinazione. La frase detta agli inquirenti
corrisponde a uno dei tanti messaggi che il Kato ha inviato a un Internet
bulletin board attraverso il suo cellulare, descrivendo ora per ora il piano
che stava attuando.

Il Giappone che vanta, non a torto, un primato anche nella sicurezza sociale
è stato mortalmente ferito nell’orgoglio. Il giovane criminale non aveva mai
dato segni di mentalità antisociale; ha trascorso fanciullezza e giovinezza
nella prefettura di Aomori (nord del Giappone) con risultati scolastici
piuttosto alti. Pare tuttavia che non abbia avuto buone relazioni con i
genitori, che si preoccupavano unicamente della formazione intellettuale del
figlio. Stabilitosi a Susono, una cittadina della prefettura di Shizuoka, è
stato assunto da un’ officina per automobili dove ha lavorato con perizia e
diligenza. Ma il venerdì prima del delitto la diligenza è venuta meno: per
la prima volta non si è presentato al lavoro. Aveva speso quel tempo ad
acquistare un pugnale e coltelli, a prenotare il pesante automezzo ed a
mettere a punto il piano d’azione.

Ora tutta la società giapponese non si sente più sicura. Purtroppo l’orrendo
massacro a casaccio non è senza precedenti: esattamente sette anni prima, l’8
giugno 2001, un uomo fatta irruzione in un’ aula di una scuola elementare
presso Osaka, ha ucciso 7 scolari e ne ha feriti 15 e il maestro.. Inoltre
negli ultimi dieci anni si sono avuti in tutto il Giappone 67 casi di
assassini indiscriminati.

Gli analisti dei quotidiani più rinomati, pur non sottovalutando la
responsabilità di chi ha compiuto gli orrendi delitti, sono concordi nell’affermare
che la società giapponese è seriamente ammalata. Il fatto che il massacro di
Akihabara sia avvenuto nella “mecca degli elettronici” è simbolico. Da 60
anni il Giappone nelle sue strutture più importanti, come la politica e l’istruzione,
ha fatto dell’economia non un mezzo per lo sviluppo dell’uomo, ma un idolo
che lo rende schiavo e lo uccide.

Purtroppo i mezzi suggeriti per uscire da una situazione che fa
rabbrividire, sono solo esteriori o vaghi. Il quotidiano Yomiuri prende atto
che occorre trovare le cause psicologiche o sociali che favoriscono in
alcuni lo sviluppo della tendenza alla brutalità. Ma per quanto riguarda la
società nell’insieme l’editorialista si limita a chiedere il potenziamento
della polizia, l’istituzione alla quale tradizionalmente il Giappone ricorre
per assicurare l’”armonia” sociale. Scioccato dall’indifferenza ai numerosi
messaggi web del Kato. scrive: “Occorre che la polizia possa ottenere l’autorizzazione
dalla magistratura che le permetta di investigare o prendere le
registrazioni degli operatori di website e chiedere loro di identificare la
sorgente di tali messaggi”.

Sul binario giusto si pone, invece, l’editorialista dell’Asahi. Non
sottovaluta l’importanza dell’investigazione giudiziaria per trovare la
verità, ma “questo non basta”, aggiunge. “C’e’ in questa società,
apparentemente tranquilla, qualcosa che spinge i giovani ad agire
irresponsabilmente e violentemente. È urgente cercarne la causa”.

Osiamo dire che anche l’analisi sociologica è insufficiente. L’origine del
male morale è nel cuore dell’uomo, che in un contesto sociale, diventa il
cuore della società. Pur non confondendo gli ambiti, ma anche non
separandoli, riteniamo che la religione, quando è autentica, ha enorme
potere terapeutico.

E qui la riflessione si focalizza non sulla società nipponica, ma sulle
Chiese cristiane che sono in Giappone e specialmente su quella cattolica
alla quale appartengo. Da decenni la Chiesa qui vedendosi attraverso il
magro contenuto delle statistiche, tende a considerarsi un “piccolo gregge”
ma non in senso evangelico e sentendosi pressata da una società
apparentemente refrattaria alla forza del Vangelo, nasconde sotto terra il
prezioso talento che ha. Leggendo i vangeli sinottici con intelligenza di
fede, si vede che Gesù Cristo mandando nel mondo il gruppetto dei Dodici
(‘piccolo gregge’) li ha dotati di due poteri: quello della Parola e quello
dell’Esorcismo. Riteniamo che lo stesso potere abbiano le comunità cristiane
presenti nelle megalopoli del Giappone come oasi nel deserto.

Ne ho fatto l’esperienza quasi contemporaneamente allo svolgersi del nefando
delitto di Akihabara. Sabato, richiesto di sostituire il parroco di una
città nella prefettura di Shizuoka, viaggiando con il “treno proiettile”,
ho percorso a ritroso il medesimo itinerario che l’infelice assassino
avrebbe percorso il giorno dopo. Poi, la domenica, ho diretto per tre volte
la celebrazione cultuale che noi cattolici chiamiamo “Messa”: ho visto l’aspetto
delle tre congregazioni illuminarsi via via nello splendore della speranza.
Ma il culmine della esperienza l’ho avuto nel primo pomeriggio, proprio
quando a Tokyo gli amici e i parenti degli uccisi precipitavano in un
indicibile sconforto. Mi trovavo in una stanza di un enorme ospedale e di
fronte a me, seduto sul letto, c’era un uomo di 70 anni afflitto da un male
incurabile e inoperabile. Sapevo che la sua vita era stata feconda e
impegnata a livello familiare e professionale. Non un lamento; la sua
serenità, pur virilmente contenuta, mi ha affascinato. Sentirmi piccolo
davanti a tale testimonianza non mi è stato difficile. La mia meraviglia ha
raggiunto l’apice quando, accomiatandomi da lui, ha voluto accompagnarmi all’ascensore
trascinandosi la bombola dell’ossigeno.

Pochi minuti prima aveva ricevuto quel pane santo che noi cattolici crediamo
essere il corpo di Cristo, l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo.
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