ROB (Senza Numero)
2008-11-03 06:43:12 UTC
Di Graziano Graziani su Il Manifesto (30/10/2008)
Stipati sugli scaffali ci sono pezzi di corpi umani femminili disposti in
serie. Alcuni, per osservarne meglio l'interno, sono sezioni di quelle
stesse parti, altrimenti ben impacchettate e riposte in scatole di cartone
con l'oblò trasparente. Non siamo nella location di un film dell'orrore, né
all'interno del museo anatomico dell'ospedale Forlanini di Roma, ma in un
sexyshop del Giappone, dove una delle ultime frontiere per gli amanti dei
sex toys è costruirsi da soli la propria «bambola da compagnia»,
assemblandola pezzo per pezzo.
Nel paese del sol levante i sexyshop sono frequentati da una vasta fetta
della popolazione e, al contrario di quello che si possa pensare alla luce
di fatti come quello di Osaka - dove di recente è andato a fuoco un video
shop a luci rosse, uccidendo 15 uomini - sono molte le donne e le coppie
anche giovani che fanno regolarmente acquisti in posti del genere. A fronte
di una domanda tanto variegata, le catene di sexy shop giapponesi si sono
trasformate in veri e propri supermercati del sesso, dove è possibile
trovare davvero di tutto.
Il Pop Life Department di Tokyo, ad esempio, che si trova nel quartiere
dell'elettronica Akihabara, occupa un edificio di sei piani, e ogni piano
ospita articoli diversi: porno movie al piano terra, quelli più estremi nel
seminterrato, bambole al quarto piano, vestiario all'ultimo. I commessi sono
gentili e ben vestiti, l'atmosfera è accogliente (per quanto possa esserlo
un locale stipato all'inverosimile) e lontana dai toni un po' sordidi
dell'immaginario europeo. Le persone che entrano sono le stesse che fanno
shopping negli immensi mall di articoli tecnologici dall'altra parte della
strada.
Il Pop Life Department, ad esempio, ha un nome e una grafica che ricordano
un negozio di abiti alla moda, o tutt'al più di gadget elettronici. Nessun
ricorso ad iconografie abusate come cuori in fiamme, stilizzazioni donne
procaci, code e corna da diavolo. Eppure al suo interno la scelta di
articoli è vastissima, e si propone di soddisfare le esigenze più disparate.
Come i vestiti da cosplay, ovvero abiti che richiamano i personaggi dei
manga: Sailor Moon, Lamù, o personaggi più anonimi come l'infermiera sexy o
la cameriera fetish. O ancora, il campionario di mutande e magliette usate,
imbustate sotto vuoto con la foto della proprietaria, le sue misure e l'età
(una «passione giapponese» che da qualche anno furoreggia anche in Italia:
tramite web, su siti come mutandineusate.com, si possono fare ordini nel
totale anonimato). E infine le bambole fai-da-te.
Inoltrandosi per il piano delle protesi, oltre a «dildo» di varie fogge e
dimensioni, si trovano un vasto assortimento di componenti in silicone. Il
Giappone, che in fatto di bambole ha una tradizione antica e affascinante,
anche sul piano dei feticci sessuali dimostra grande inventiva. Si parte con
il busto, che è poco più di un cuscino color pelle, e si prosegue con seni
di varia consistenza, vagine, fondoschiena e persino cavità orali con tanto
di bocca, tutti corredati dalla foto della presunta pin-up - a volte vera, a
volte disegnata - che avrebbe prestato le proprie grazie per i calchi
originali. Dar modo di immaginare la «proprietaria» della parte anatomica
sembra un tassello centrale della strategia di vendita di questi accessori,
forse per evitare che sembri soltanto un pezzo di corpo, brandelli di
cadavere. Tuttavia molte di queste protesi vengono esposte «in sezione», per
dare modo agli acquirenti di osservarne le cavità interne: ce ne sono con le
pareti lisce, zigrinate, anatomiche.
Per quanto il risultato di un simile assemblaggio di cuscini e arti di
silicone sembra uscito più dal tavolo operatorio del dottor Frankenstein che
dal paginone centrale di Playboy, le bambole fai-da-te rappresentano la
realizzazione grottesca di una delle più antiche fantasie erotiche: la della
donna perfetta, quella che racchiude in sé le fattezze delle donne più
sensuali del mondo. Ma, allo stesso tempo, riduce la figura dell'amante a un
assemblaggio di particolari anatomici, di accessori adatti a soddisfare una
specifica gamma di fantasie, dietro le quali l'alterità del partner si
dissolve. Al suo posto la concezione «funzione» del corpo altrui, e una
gamma di accessori testati clinicamente.
Stipati sugli scaffali ci sono pezzi di corpi umani femminili disposti in
serie. Alcuni, per osservarne meglio l'interno, sono sezioni di quelle
stesse parti, altrimenti ben impacchettate e riposte in scatole di cartone
con l'oblò trasparente. Non siamo nella location di un film dell'orrore, né
all'interno del museo anatomico dell'ospedale Forlanini di Roma, ma in un
sexyshop del Giappone, dove una delle ultime frontiere per gli amanti dei
sex toys è costruirsi da soli la propria «bambola da compagnia»,
assemblandola pezzo per pezzo.
Nel paese del sol levante i sexyshop sono frequentati da una vasta fetta
della popolazione e, al contrario di quello che si possa pensare alla luce
di fatti come quello di Osaka - dove di recente è andato a fuoco un video
shop a luci rosse, uccidendo 15 uomini - sono molte le donne e le coppie
anche giovani che fanno regolarmente acquisti in posti del genere. A fronte
di una domanda tanto variegata, le catene di sexy shop giapponesi si sono
trasformate in veri e propri supermercati del sesso, dove è possibile
trovare davvero di tutto.
Il Pop Life Department di Tokyo, ad esempio, che si trova nel quartiere
dell'elettronica Akihabara, occupa un edificio di sei piani, e ogni piano
ospita articoli diversi: porno movie al piano terra, quelli più estremi nel
seminterrato, bambole al quarto piano, vestiario all'ultimo. I commessi sono
gentili e ben vestiti, l'atmosfera è accogliente (per quanto possa esserlo
un locale stipato all'inverosimile) e lontana dai toni un po' sordidi
dell'immaginario europeo. Le persone che entrano sono le stesse che fanno
shopping negli immensi mall di articoli tecnologici dall'altra parte della
strada.
Il Pop Life Department, ad esempio, ha un nome e una grafica che ricordano
un negozio di abiti alla moda, o tutt'al più di gadget elettronici. Nessun
ricorso ad iconografie abusate come cuori in fiamme, stilizzazioni donne
procaci, code e corna da diavolo. Eppure al suo interno la scelta di
articoli è vastissima, e si propone di soddisfare le esigenze più disparate.
Come i vestiti da cosplay, ovvero abiti che richiamano i personaggi dei
manga: Sailor Moon, Lamù, o personaggi più anonimi come l'infermiera sexy o
la cameriera fetish. O ancora, il campionario di mutande e magliette usate,
imbustate sotto vuoto con la foto della proprietaria, le sue misure e l'età
(una «passione giapponese» che da qualche anno furoreggia anche in Italia:
tramite web, su siti come mutandineusate.com, si possono fare ordini nel
totale anonimato). E infine le bambole fai-da-te.
Inoltrandosi per il piano delle protesi, oltre a «dildo» di varie fogge e
dimensioni, si trovano un vasto assortimento di componenti in silicone. Il
Giappone, che in fatto di bambole ha una tradizione antica e affascinante,
anche sul piano dei feticci sessuali dimostra grande inventiva. Si parte con
il busto, che è poco più di un cuscino color pelle, e si prosegue con seni
di varia consistenza, vagine, fondoschiena e persino cavità orali con tanto
di bocca, tutti corredati dalla foto della presunta pin-up - a volte vera, a
volte disegnata - che avrebbe prestato le proprie grazie per i calchi
originali. Dar modo di immaginare la «proprietaria» della parte anatomica
sembra un tassello centrale della strategia di vendita di questi accessori,
forse per evitare che sembri soltanto un pezzo di corpo, brandelli di
cadavere. Tuttavia molte di queste protesi vengono esposte «in sezione», per
dare modo agli acquirenti di osservarne le cavità interne: ce ne sono con le
pareti lisce, zigrinate, anatomiche.
Per quanto il risultato di un simile assemblaggio di cuscini e arti di
silicone sembra uscito più dal tavolo operatorio del dottor Frankenstein che
dal paginone centrale di Playboy, le bambole fai-da-te rappresentano la
realizzazione grottesca di una delle più antiche fantasie erotiche: la della
donna perfetta, quella che racchiude in sé le fattezze delle donne più
sensuali del mondo. Ma, allo stesso tempo, riduce la figura dell'amante a un
assemblaggio di particolari anatomici, di accessori adatti a soddisfare una
specifica gamma di fantasie, dietro le quali l'alterità del partner si
dissolve. Al suo posto la concezione «funzione» del corpo altrui, e una
gamma di accessori testati clinicamente.