Giova
2010-03-09 10:54:58 UTC
Oscar a "The cove", il Giappone protesta
MILANO - Ci sono altri vincitori eccellenti che escono dalla notte degli
Oscar 2010: i delfini della baja di Taiji, protagonisti del film «The Cove»
di Louie Psihovos, Fischer Stevens e Ric O'Barry. La pellicola, che
documenta la mattanza che avviene annualmente in Giappone e che è stata
realizzata grazie a riprese «rubate» dopo giorni di appostamenti minuziosi e
con l'utilizzo di videocamere nascoste, è stata premiata come miglior
documentario. Una scelta, quella dell'Academy, che riconosce l'abilità dei
registi nel recuperare immagini impossibili (la zona viene presidiata
accuratamente per evitare che di quanto accade tra quei promontori si parli
troppo in giro) e il valore documentario del mini-film e così facendo
riaccende i riflettori su un tema più volte dibattuto nel mondo. Le reazioni
non si sono fatte attendere dal Giappone il sindaco di Taiji, Kazutaka
Sangen, ha subito fatto sapere che dal punto di vista delle autorità locali
«dare la caccia ai delfini non è un atto illegale».
LA MATTANZA - La caccia con modalità di mattanza nelle acque di Taiji, nella
prefettura a sud di Tokyo di Wakayama, avviene da secoli. «La caccia -
precisa il sindaco - è autorizzata dalla prefettura nel rispetto della legge
sulla pesca. Ci dispiace che il film rappresenti cose false e
scientificamente infondate come se fossero vere». Sangen contesta in
particolare la tesi degli autori secondo cui il consumo di carne di delfino
è dannosa per l'uomo a causa dell'alto tasso di mercurio contenuto.
«Esistono varie usanze sul cibo in tutto il mondo e anche in Giappone: la
cultura alimentare basata sulla lunga tradizione e storia è una situazione
importante da rispettare» ha concluso il sindaco.
GLI ABITANTI DI TAIJI - Al primo cittadino hanno fatto eco diversi abitanti
di Taiji, cittadina di 3.700 anime, che interpellati dall'agenzia Afp hanno
manifestato rabbia per la decisione di premiare con l'Oscar il lavoro di
Louie Psihoyos. «Sono dispiaciuto per i pescatori che vivono della caccia ai
delfini - ha detto ad esempio Takehisa Kobata -. Quella pellicola è un vero
film, non corrisponde davvero alla realtà». La comunità locale contesta le
affermazioni secondo cui la caccia ai mammiferi avverrebbe di nascosto per
evitare che si sparga la voce: «E' regolarmente autorizzata dalle autorità».
Per l'ultima stagione era stato avallato il prelievo di circa 2.800
esemplari, tra delfini e cetacei: i migliori sarebbero stati rivenduti ai
parchi di divertimento nel mondo, gli altri avrebbero preso la via della
distribuzione alimentare. Il delfino, così come la balena, sono regolarmente
consumati in Giappone. E fino a non troppi decenni fa anche i Paesi del
Mediterraneo, tra cui l'Italia, non consideravano sbagliato il consumo di
carni di delfino.
«PUNTARE SUL TURISMO» - Nei giorni scorsi è stato presentato un libro
dedicato al film. L'autore, Hans Peter Roth, ha deciso di presentarlo
proprio a Taiji, cercando un confronto con la popolazione locale. Non ha
però avuto un grande successo. «Mi sarebbe piaciuto poter parlare con loro,
ma si sono rifiutati - ha raccontato all'Afp -. Eppure si potrebbe pensare
ad una soluzione che aiuti l'economia locale e al tempo stesso salvaguardi i
delfini: trasformare la baja in un santuario per la conservazione della
specie, che porterebbe in quest'area turisti provenienti da diverse aree del
mondo». Una proposta, la sua, che al momento a Taiji non raccoglie consensi.
fonte: www.corriere.it
MILANO - Ci sono altri vincitori eccellenti che escono dalla notte degli
Oscar 2010: i delfini della baja di Taiji, protagonisti del film «The Cove»
di Louie Psihovos, Fischer Stevens e Ric O'Barry. La pellicola, che
documenta la mattanza che avviene annualmente in Giappone e che è stata
realizzata grazie a riprese «rubate» dopo giorni di appostamenti minuziosi e
con l'utilizzo di videocamere nascoste, è stata premiata come miglior
documentario. Una scelta, quella dell'Academy, che riconosce l'abilità dei
registi nel recuperare immagini impossibili (la zona viene presidiata
accuratamente per evitare che di quanto accade tra quei promontori si parli
troppo in giro) e il valore documentario del mini-film e così facendo
riaccende i riflettori su un tema più volte dibattuto nel mondo. Le reazioni
non si sono fatte attendere dal Giappone il sindaco di Taiji, Kazutaka
Sangen, ha subito fatto sapere che dal punto di vista delle autorità locali
«dare la caccia ai delfini non è un atto illegale».
LA MATTANZA - La caccia con modalità di mattanza nelle acque di Taiji, nella
prefettura a sud di Tokyo di Wakayama, avviene da secoli. «La caccia -
precisa il sindaco - è autorizzata dalla prefettura nel rispetto della legge
sulla pesca. Ci dispiace che il film rappresenti cose false e
scientificamente infondate come se fossero vere». Sangen contesta in
particolare la tesi degli autori secondo cui il consumo di carne di delfino
è dannosa per l'uomo a causa dell'alto tasso di mercurio contenuto.
«Esistono varie usanze sul cibo in tutto il mondo e anche in Giappone: la
cultura alimentare basata sulla lunga tradizione e storia è una situazione
importante da rispettare» ha concluso il sindaco.
GLI ABITANTI DI TAIJI - Al primo cittadino hanno fatto eco diversi abitanti
di Taiji, cittadina di 3.700 anime, che interpellati dall'agenzia Afp hanno
manifestato rabbia per la decisione di premiare con l'Oscar il lavoro di
Louie Psihoyos. «Sono dispiaciuto per i pescatori che vivono della caccia ai
delfini - ha detto ad esempio Takehisa Kobata -. Quella pellicola è un vero
film, non corrisponde davvero alla realtà». La comunità locale contesta le
affermazioni secondo cui la caccia ai mammiferi avverrebbe di nascosto per
evitare che si sparga la voce: «E' regolarmente autorizzata dalle autorità».
Per l'ultima stagione era stato avallato il prelievo di circa 2.800
esemplari, tra delfini e cetacei: i migliori sarebbero stati rivenduti ai
parchi di divertimento nel mondo, gli altri avrebbero preso la via della
distribuzione alimentare. Il delfino, così come la balena, sono regolarmente
consumati in Giappone. E fino a non troppi decenni fa anche i Paesi del
Mediterraneo, tra cui l'Italia, non consideravano sbagliato il consumo di
carni di delfino.
«PUNTARE SUL TURISMO» - Nei giorni scorsi è stato presentato un libro
dedicato al film. L'autore, Hans Peter Roth, ha deciso di presentarlo
proprio a Taiji, cercando un confronto con la popolazione locale. Non ha
però avuto un grande successo. «Mi sarebbe piaciuto poter parlare con loro,
ma si sono rifiutati - ha raccontato all'Afp -. Eppure si potrebbe pensare
ad una soluzione che aiuti l'economia locale e al tempo stesso salvaguardi i
delfini: trasformare la baja in un santuario per la conservazione della
specie, che porterebbe in quest'area turisti provenienti da diverse aree del
mondo». Una proposta, la sua, che al momento a Taiji non raccoglie consensi.
fonte: www.corriere.it