Nipponponpico
2009-01-19 10:12:01 UTC
Vi posto un po' dei miei sproloqui mentali, con una lieve attinenza
con il giappone, il che giustifica parzialmente la mia intrusione.
Astenersi persone impegnate a far qualcosa di costruttivo, riconosco
l'inutilità del tema e lo ammetto apertamente. Poi non dite che non vi
avevo avvertito.
Come forse qualcuno sa a tempo perso sto raccogliendo materiale e
studiando per la mia tesi. La tesi a detta di molti è la degna
conclusione del ciclo di studi universitari nonché un momento di
crescita non trascurabile. Oltre a ciò si dice anche accrescere la
propria capacità di analisi e di sviluppare un proprio metodo di
ricerca, che permetterà poi di gioire dei risultati ottenuti al
momento del conseguimento del titolo. Ora trovandomi mio malgrado in
questa situalzione non posso che fare alcune considerazioni in merito.
Il nuovo ordinamento oltre ad aver creato una massa di menomati
mentali che straparlano di esami baggiani in numero esorbitante ci ha
anche tolto il gusto della tesi. Se infatti quello che ho detto prima
poteva essere vero per una vecchia tesi quinquennale (quadriennale?)
oggi è vero solo a metà. Infatti dopo gli stramaledetti tre anni di
corso spunta fuori questa cosa dal nome non ben definito, che chi la
chiama tesina, chi tesi (quelli che si spaventano per un esame truffa
di linguistica), chi saggio intermedio, insomma il povero studente si
ritrova a non capire bene di che entità si tratti e reagisce nei modi
più disparati. Il modo più logico penso sarebbe quello di prenderlo
come un esame nel mezzo, uno dei tanti, come una cosa su cui non
fissarsi troppo, utile solo ad aprire un nuovo ciclo, quello della
laurea specialistica (che ora sembra aver cambiato nome in laurea
magistrale... mah!). In realtà come sempre succede i propri buoni
consigli non si seguono mai, e anche io ho finito per prenderla troppo
sul serio. Ma dopotutto cosa dovevo fare? dopo tre anni passati a
sbattermi qui e là e a studiare cose di dubbio interesse per una volta
che potevo scegliere su cosa davvero concentrarmi mi è sembrato da
folle non approfittarne. Eccomi così entrato nel fantastico mondo dei
tesisti, persone un po' esaurite e scorbutiche, amici delle
biblioteche e dei talenti incompresi.
Ed è proprio qui che volevo andare a parare, perché per la mia tesi
sono entrato a contatto, seppure indiretto, con delle grandi menti,
dei veri e propri geni, purtroppo come spesso succede incompresi. In
sintesi la mia tesi è su un grandissimo autore della letteratura
giapponese, tal Kyokutei Bakin, nato nel 1767 in uno dei periodi di
grande svolta della cultura, e quindi della letteratura giapponese che
si concretizzerà con la modernizzazione in stile occidentale del
giappone. Purtroppo ad oggi il povero Bakin, il primo genio della mia
storia, è letto solo da pochi studiosi e appassionati, un po' per le
ovvie difficoltà linguistiche legate alla lingua del 18/19 secolo,
incredibilmente diversa da quella di oggi, un po' per avere avuto la
sfortuna di trovarsi nello schieramento sbagliato, quello che poi,
ideologicamente, ha perso. Ovviamente questo non sminusce la grandezza
dello scrittore, riconosciuta dai più grandi studiosi e letterati, tra
cui non posso non citare Yukio Mishima, a mio avviso l'ultimo
scrittore degno di tal nome nella letteratura giapponese che conosco,
che ne riadattò una novella in spettacolo teatrale. Altro responsabile
della indifferenza che colpisce i grandi personaggi letterari del
passato è sicuramente il crollo dei valori che si è verificato in
tutto il mondo progressivamente negli ultimi due secoli, e che ha
portato a prevalere modelli ambigui che non sto qui a citare ed ha
invetiabilmente oscurato i possibili modelli alternativi. Così in
Italia è passato in sordina un grande capolavoro che denuncia il
disfacimento dell'Italia dal di fuori e dal didentro come I Viceré di
De Roberto (ci è voluto un film pessimo per ridar una scintilla di
brio a questo autore tanto grande quanto incompreso), e in giappone,
seppur forse di meno, un altro grande capolavoro (non di denuncia ma
di morale) come l'Hakkenden di Bakin è presto stato relegato ai
circoli intellettualoidi che tutti disprezzano ma che danno un soffio
d'aria al nostro ego che come i nostri testicoli è flaccido e
ciondolante di veline e calciatori.
La cosa sorprendente è che sui grandi miti del passato come quelli
poch'anzi citati sembra aleggiare una specie di maledizione che porta
inevitabilmente anche chi li studia a finire nella spirale della
dimenticanza social-intellettuale. Così emergono nuovi miti, il
semiologo sotuttoiotantocheguardolaghigliottinadiCarloConti Umberto
Eco, che non è nemmeno dei più negativi come esempio, e passano in
sordina quelli che hanno delle capacità intellettuali individuabili,
ma che non sanno vendersi alla società, troppo concentrati sugli
obiettivi concreti a cui mirano. È questo il caso, secondo la mia
modestissima opinione, di Leon Zolbrod. Uno studioso di grande valore,
della "scuola" Keeniana di studi giapponesi, che con la sua bella
borsa di studio venne in giappone a far ricerca, la ricerca quella
seria. Individuò un periodo di suo interesse, degli autori e si
spulciò i manoscritti del periodo, perché i giapponesi così impegnati
in altre attività occidentaloidi erano al momento troppo imeganti per
mettersi a decifrare strani scarabocchi di un loro connazionale che
aveva forgiato la loro storia e pubblicarli. Una montagna di
materiale, almeno a giudicare dalle bibliografie delle sue
pubblicazioni, che a differenza di quanto ci si aspetterebbe non sono
poi molte, una monografia su Bakin, il volume Haiku Painting, la
traduzione di Racconti di pioggia e di luna di Akinari e vari articoli
su riviste accademiche, alcune di esse praticamente introvabili (ora
grazie ad internet forse più accessibili ma non molto). Se si pensa
che oggi il proprio vicino di casa, quello tonto, potrebbe aver
scritto un libro e probabilmente trovato un editore converrete con me
che la giustizia in questo mondo non esiste.
Ad avvalorare la mia tesi sta il fatto che Leon Zolbrod vanta si e no
10 righe sulla wikipedia inglese, nemmeno un link in quella italiana
(non che la wiki italiana conti molto visto che finché non lo ho
aggiunto io non c'era nemmeno Donald Keene), e nemmeno una sua foto in
tutto il web, ora provate a cercare nell'ordine le estrazioni del
superenalotto, la nuova edizione del grande fratello e Mondo Marcio
(mi sa che sono un po' indietro con le mode) . Se internet
rispecchia, come penso, i gusti della persona media siamo in piena
regressione.
con il giappone, il che giustifica parzialmente la mia intrusione.
Astenersi persone impegnate a far qualcosa di costruttivo, riconosco
l'inutilità del tema e lo ammetto apertamente. Poi non dite che non vi
avevo avvertito.
Come forse qualcuno sa a tempo perso sto raccogliendo materiale e
studiando per la mia tesi. La tesi a detta di molti è la degna
conclusione del ciclo di studi universitari nonché un momento di
crescita non trascurabile. Oltre a ciò si dice anche accrescere la
propria capacità di analisi e di sviluppare un proprio metodo di
ricerca, che permetterà poi di gioire dei risultati ottenuti al
momento del conseguimento del titolo. Ora trovandomi mio malgrado in
questa situalzione non posso che fare alcune considerazioni in merito.
Il nuovo ordinamento oltre ad aver creato una massa di menomati
mentali che straparlano di esami baggiani in numero esorbitante ci ha
anche tolto il gusto della tesi. Se infatti quello che ho detto prima
poteva essere vero per una vecchia tesi quinquennale (quadriennale?)
oggi è vero solo a metà. Infatti dopo gli stramaledetti tre anni di
corso spunta fuori questa cosa dal nome non ben definito, che chi la
chiama tesina, chi tesi (quelli che si spaventano per un esame truffa
di linguistica), chi saggio intermedio, insomma il povero studente si
ritrova a non capire bene di che entità si tratti e reagisce nei modi
più disparati. Il modo più logico penso sarebbe quello di prenderlo
come un esame nel mezzo, uno dei tanti, come una cosa su cui non
fissarsi troppo, utile solo ad aprire un nuovo ciclo, quello della
laurea specialistica (che ora sembra aver cambiato nome in laurea
magistrale... mah!). In realtà come sempre succede i propri buoni
consigli non si seguono mai, e anche io ho finito per prenderla troppo
sul serio. Ma dopotutto cosa dovevo fare? dopo tre anni passati a
sbattermi qui e là e a studiare cose di dubbio interesse per una volta
che potevo scegliere su cosa davvero concentrarmi mi è sembrato da
folle non approfittarne. Eccomi così entrato nel fantastico mondo dei
tesisti, persone un po' esaurite e scorbutiche, amici delle
biblioteche e dei talenti incompresi.
Ed è proprio qui che volevo andare a parare, perché per la mia tesi
sono entrato a contatto, seppure indiretto, con delle grandi menti,
dei veri e propri geni, purtroppo come spesso succede incompresi. In
sintesi la mia tesi è su un grandissimo autore della letteratura
giapponese, tal Kyokutei Bakin, nato nel 1767 in uno dei periodi di
grande svolta della cultura, e quindi della letteratura giapponese che
si concretizzerà con la modernizzazione in stile occidentale del
giappone. Purtroppo ad oggi il povero Bakin, il primo genio della mia
storia, è letto solo da pochi studiosi e appassionati, un po' per le
ovvie difficoltà linguistiche legate alla lingua del 18/19 secolo,
incredibilmente diversa da quella di oggi, un po' per avere avuto la
sfortuna di trovarsi nello schieramento sbagliato, quello che poi,
ideologicamente, ha perso. Ovviamente questo non sminusce la grandezza
dello scrittore, riconosciuta dai più grandi studiosi e letterati, tra
cui non posso non citare Yukio Mishima, a mio avviso l'ultimo
scrittore degno di tal nome nella letteratura giapponese che conosco,
che ne riadattò una novella in spettacolo teatrale. Altro responsabile
della indifferenza che colpisce i grandi personaggi letterari del
passato è sicuramente il crollo dei valori che si è verificato in
tutto il mondo progressivamente negli ultimi due secoli, e che ha
portato a prevalere modelli ambigui che non sto qui a citare ed ha
invetiabilmente oscurato i possibili modelli alternativi. Così in
Italia è passato in sordina un grande capolavoro che denuncia il
disfacimento dell'Italia dal di fuori e dal didentro come I Viceré di
De Roberto (ci è voluto un film pessimo per ridar una scintilla di
brio a questo autore tanto grande quanto incompreso), e in giappone,
seppur forse di meno, un altro grande capolavoro (non di denuncia ma
di morale) come l'Hakkenden di Bakin è presto stato relegato ai
circoli intellettualoidi che tutti disprezzano ma che danno un soffio
d'aria al nostro ego che come i nostri testicoli è flaccido e
ciondolante di veline e calciatori.
La cosa sorprendente è che sui grandi miti del passato come quelli
poch'anzi citati sembra aleggiare una specie di maledizione che porta
inevitabilmente anche chi li studia a finire nella spirale della
dimenticanza social-intellettuale. Così emergono nuovi miti, il
semiologo sotuttoiotantocheguardolaghigliottinadiCarloConti Umberto
Eco, che non è nemmeno dei più negativi come esempio, e passano in
sordina quelli che hanno delle capacità intellettuali individuabili,
ma che non sanno vendersi alla società, troppo concentrati sugli
obiettivi concreti a cui mirano. È questo il caso, secondo la mia
modestissima opinione, di Leon Zolbrod. Uno studioso di grande valore,
della "scuola" Keeniana di studi giapponesi, che con la sua bella
borsa di studio venne in giappone a far ricerca, la ricerca quella
seria. Individuò un periodo di suo interesse, degli autori e si
spulciò i manoscritti del periodo, perché i giapponesi così impegnati
in altre attività occidentaloidi erano al momento troppo imeganti per
mettersi a decifrare strani scarabocchi di un loro connazionale che
aveva forgiato la loro storia e pubblicarli. Una montagna di
materiale, almeno a giudicare dalle bibliografie delle sue
pubblicazioni, che a differenza di quanto ci si aspetterebbe non sono
poi molte, una monografia su Bakin, il volume Haiku Painting, la
traduzione di Racconti di pioggia e di luna di Akinari e vari articoli
su riviste accademiche, alcune di esse praticamente introvabili (ora
grazie ad internet forse più accessibili ma non molto). Se si pensa
che oggi il proprio vicino di casa, quello tonto, potrebbe aver
scritto un libro e probabilmente trovato un editore converrete con me
che la giustizia in questo mondo non esiste.
Ad avvalorare la mia tesi sta il fatto che Leon Zolbrod vanta si e no
10 righe sulla wikipedia inglese, nemmeno un link in quella italiana
(non che la wiki italiana conti molto visto che finché non lo ho
aggiunto io non c'era nemmeno Donald Keene), e nemmeno una sua foto in
tutto il web, ora provate a cercare nell'ordine le estrazioni del
superenalotto, la nuova edizione del grande fratello e Mondo Marcio
(mi sa che sono un po' indietro con le mode) . Se internet
rispecchia, come penso, i gusti della persona media siamo in piena
regressione.