Rob (Senza Numero)
2009-07-20 06:07:36 UTC
Sciolto il parlamento, elezioni anticipate. Addio «balena gialla»
In Giappone è cominciato ufficialmente il conto alla rovescia per la «grande
svolta», come la stampa locale, non senza ingiustificato ottimismo, chiama
l'annunciata uscita di scena della «balena gialla» e la conquista del potere
da parte del Partito Democratico, nato una decina di anni fa da una costola
della stessa. La batosta elettorale di domenica, che ha visto il partito di
governo perdere la maggioranza all'assemblea metropolitana di Tokyo e lo
strepitoso successo del partito democratico (+21 seggi) , ha costretto il
premier Taro Aso a cedere. E mentre l'opposizione annunciava l'ennesima
mozione di sfiducia - mero esercizio di provocazione politica, visto che
alla Camera non ci sono i numeri per farla passare - ha preso tutti in
contropiede. Elezioni anticipate il 30 agosto, un paio di mesi prima della
scadenza naturale della legislatura.
Anche qui, un dispetto, più che una precisa strategia. Dopo aver
traccheggiato per oltre un anno - infischiandosene dell'opinione pubblica,
della crisi economica e sociale, delle richieste dell'opposizione e persino
delle sempre più pressanti spinte interne che gli suggerivano di dimettersi
per dare il tempo al partito di cercare un nuovo leader prima del nuovo
scontro elettorale, Taro Aso riuscirà finalmente a passare alla storia per
essere stato l'ultimo premier della Balena Gialla, il partito-stato che nel
bene e nel male ha, nel dopoguerra, ininterrottamente governato per conto
terzi il Giappone (salvo un piccolo incidente di percorso nel 1989, durato
pochi mesi e subito risolto con il micidiale compromesso storico che nel
giro di un anno ha «cancellato» il partito socialista dallo scenario
politico giapponese: da 180 a 5 seggi!)
Via libera al seiken kotai, dunque. Al «cambio di potere», come scrivono
oramai da mesi i giornali giapponesi, con il duplice scopo di aumentare
l'interesse, decisamente scarso, per gli avvenimenti della politica da parte
di un popolo costretto a confrontarsi con una crisi sempre più profonda e
inesorabile e di stimolare i dirigenti del partito democratico ad uscire
allo scoperto, elaborando proposte e suggerendo soluzioni, anziché chiedere
voti per mettere fine al «regime». Un «regime» che gli attuali dirigenti del
partito democratico, a cominciare dal suo presidente e probabile prossimo
premier, Yukio Hatoyama, hanno contribuito a formare, hanno difeso quando si
trattava di spartirsi appalti e nomine, e ora si affannano a voler
ereditare, prima che il «sistema», più che il partito che lo ha
rappresentato, vada in malora.
Taro Aso avrà anche ragione quando dice che lui con le responsabilità di
guerra non c'entra nulla, che quando suo nonno riduceva in schiavitù i
prigionieri di guerra lui aveva 5 anni e giocava a rimpiattino. Ma la storia
è storia e siccome nei libri di testo giapponesi si parla ancora di
«avanzata eroica» e di «sfortunato epilogo», a proposito della guerra di
aggressione condotta dall'Armata Imperiale, vale forse la pena di ricordare
che il prossimo premier giapponese non è un bolscevico e nemmeno un «figlio
del popolo» (come invece era Kakuei Tanaka, il premier più corrotto e
popolare del dopoguerra) bensì l'ultimo rampollo di una famiglia che, in un
modo o nell'altro, ha governato il Giappone da oltre un secolo. Il nonno,
Ichiro Hatoyama, laurea a Yale, massone e cristiano è stato il simbolo di
una continuità che nemmeno la tragedia della guerra è riuscita di fatto ad
interrompere.
Ministro della pubblica istruzione durante gli anni dell'oltranzismo
militarista, autore di saggi inneggianti a Hitler e Mussolini, nonno
Hatoyama fu arrestato dagli alleati e, scampato all'incriminazione come
criminale di guerra, inserito nella lista dei «purgati», assieme a circa 20
mila dirigenti giapponesi che non avrebbero più dovuto assumere cariche
pubbliche. Invece nel 1953 diventa addirittura primo ministro, come previsto
dai piani segreti, oggi divenuti pubblici, dell'allora braccio segreto della
Cia, il famigerato G2 diretto dal generale Charles Willoughby, ex vice di
McArthur, il Comandante Supremo delle forze di occupazione.
Il nipote Yukio, destinato a diventare il primo premier espresso dal (nuovo)
Partito Democratico, parla già da premier in pectore. «Siamo alla vigilia di
un cambiamento storico. Dopo essere passati dall'era dei samurai a quella
della burocrazia, stiamo per realizzare quella della partecipazione pubblica
alla gestione dello stato. Non più sudditi, ma cittadini».
Pio D'emilia su il Manifesto del 14/07/2009
In Giappone è cominciato ufficialmente il conto alla rovescia per la «grande
svolta», come la stampa locale, non senza ingiustificato ottimismo, chiama
l'annunciata uscita di scena della «balena gialla» e la conquista del potere
da parte del Partito Democratico, nato una decina di anni fa da una costola
della stessa. La batosta elettorale di domenica, che ha visto il partito di
governo perdere la maggioranza all'assemblea metropolitana di Tokyo e lo
strepitoso successo del partito democratico (+21 seggi) , ha costretto il
premier Taro Aso a cedere. E mentre l'opposizione annunciava l'ennesima
mozione di sfiducia - mero esercizio di provocazione politica, visto che
alla Camera non ci sono i numeri per farla passare - ha preso tutti in
contropiede. Elezioni anticipate il 30 agosto, un paio di mesi prima della
scadenza naturale della legislatura.
Anche qui, un dispetto, più che una precisa strategia. Dopo aver
traccheggiato per oltre un anno - infischiandosene dell'opinione pubblica,
della crisi economica e sociale, delle richieste dell'opposizione e persino
delle sempre più pressanti spinte interne che gli suggerivano di dimettersi
per dare il tempo al partito di cercare un nuovo leader prima del nuovo
scontro elettorale, Taro Aso riuscirà finalmente a passare alla storia per
essere stato l'ultimo premier della Balena Gialla, il partito-stato che nel
bene e nel male ha, nel dopoguerra, ininterrottamente governato per conto
terzi il Giappone (salvo un piccolo incidente di percorso nel 1989, durato
pochi mesi e subito risolto con il micidiale compromesso storico che nel
giro di un anno ha «cancellato» il partito socialista dallo scenario
politico giapponese: da 180 a 5 seggi!)
Via libera al seiken kotai, dunque. Al «cambio di potere», come scrivono
oramai da mesi i giornali giapponesi, con il duplice scopo di aumentare
l'interesse, decisamente scarso, per gli avvenimenti della politica da parte
di un popolo costretto a confrontarsi con una crisi sempre più profonda e
inesorabile e di stimolare i dirigenti del partito democratico ad uscire
allo scoperto, elaborando proposte e suggerendo soluzioni, anziché chiedere
voti per mettere fine al «regime». Un «regime» che gli attuali dirigenti del
partito democratico, a cominciare dal suo presidente e probabile prossimo
premier, Yukio Hatoyama, hanno contribuito a formare, hanno difeso quando si
trattava di spartirsi appalti e nomine, e ora si affannano a voler
ereditare, prima che il «sistema», più che il partito che lo ha
rappresentato, vada in malora.
Taro Aso avrà anche ragione quando dice che lui con le responsabilità di
guerra non c'entra nulla, che quando suo nonno riduceva in schiavitù i
prigionieri di guerra lui aveva 5 anni e giocava a rimpiattino. Ma la storia
è storia e siccome nei libri di testo giapponesi si parla ancora di
«avanzata eroica» e di «sfortunato epilogo», a proposito della guerra di
aggressione condotta dall'Armata Imperiale, vale forse la pena di ricordare
che il prossimo premier giapponese non è un bolscevico e nemmeno un «figlio
del popolo» (come invece era Kakuei Tanaka, il premier più corrotto e
popolare del dopoguerra) bensì l'ultimo rampollo di una famiglia che, in un
modo o nell'altro, ha governato il Giappone da oltre un secolo. Il nonno,
Ichiro Hatoyama, laurea a Yale, massone e cristiano è stato il simbolo di
una continuità che nemmeno la tragedia della guerra è riuscita di fatto ad
interrompere.
Ministro della pubblica istruzione durante gli anni dell'oltranzismo
militarista, autore di saggi inneggianti a Hitler e Mussolini, nonno
Hatoyama fu arrestato dagli alleati e, scampato all'incriminazione come
criminale di guerra, inserito nella lista dei «purgati», assieme a circa 20
mila dirigenti giapponesi che non avrebbero più dovuto assumere cariche
pubbliche. Invece nel 1953 diventa addirittura primo ministro, come previsto
dai piani segreti, oggi divenuti pubblici, dell'allora braccio segreto della
Cia, il famigerato G2 diretto dal generale Charles Willoughby, ex vice di
McArthur, il Comandante Supremo delle forze di occupazione.
Il nipote Yukio, destinato a diventare il primo premier espresso dal (nuovo)
Partito Democratico, parla già da premier in pectore. «Siamo alla vigilia di
un cambiamento storico. Dopo essere passati dall'era dei samurai a quella
della burocrazia, stiamo per realizzare quella della partecipazione pubblica
alla gestione dello stato. Non più sudditi, ma cittadini».
Pio D'emilia su il Manifesto del 14/07/2009