ROB (Senza Numero)
2008-11-03 06:43:10 UTC
I NUOVI POVERI? TIRATI SU A PLAYSTATION E INTERNET
Di Aiko Takeda su Il Manifesto (30/10/2008)
Li chiamano «net cafè nanmin»: un esercito di migliaia di giapponesi
disoccupati e precari che, come alternativa all'affitto o per ripararsi dal
freddo, si rifugia in loculi iper tecnologici. Aspettando che passi la crisi
C'era una volta il capsula hotel. Era l'inizio degli anni novanta e dal
Giappone arrivava notizia dell'ultima stramberia nipponica: un loculo di un
metro per due per uno di altezza, dotato di vari comfort tecnologici dove
infilarsi, fare un po' di zapping davanti allo schermo tv incastonato sul
lato superiore della «capsula» e passare la notte spendendo relativamente
poco. I clienti, allora, erano per la maggior parte sarariman - impiegati -
che avevano perso l'ultimo treno della sera e sceglievano, perché no, di
riposarsi nel loculo.
Uno dei molti esempi, in Giappone, di sacrificio all'efficienza, sorta di
applicazione estremizzata del modulor lecorbousiano. Oggi i capsula hotel
sono la versione lussuosa dei rifugi per chi non ha casa. Tra i ricchi e i
senzatetto che abitano nelle baracche sotto i ponti delle megalopoli, in
Giappone è nata una nuova categoria di poveri, figlia della crisi economica
degli anni novanta e del passaggio dal sacro modello azienda famiglia-lavoro
a vita a quello del precariato infinito.
Li chiamano "NET CAFE NANMIN", i rifugiati degli internet cafè. Un esercito
di disoccupati, lavoratori temporanei, giornalieri o precari sottopagati in
generale, in grado di racimolare qualche soldo ma non tanto da permettersi
l'affitto di una stanza. Per loro le migliaia di internet cafè o manga
kissa - locali pieni di scaffali con una vastissima scelta di fumetti di
ogni genere - disseminati nel paese sono l'alternativa alla strada o alla
panchina di un parco. Le grandi città giapponesi sono piene di posti come
questi, nati per trascorrere i tempi di attesa: nella sterminata Tokyo, dove
una volta usciti di casa difficilmente ci si torna se non la sera per
dormire, i tempi morti - tra un appuntamento e l'altro, tra una lezione
all'università e una proiezione al cinema, fra il treno di mezzanotte e
quello delle cinque - possono essere tanti e lunghi e l'offerta dei servizi
per ammazzare il tempo si è sviluppata di conseguenza.
Aperti ventiquattr'ore su ventiquattro, dotati di postazioni semplici o
cabine private, i net cafè sono una valida alternativa all'hotel per chi
deve passare la notte fuori casa. Per meno di 2000 yen - più o meno 12
euro - si può affittare per tutta la notte una cabina due metri per uno e
mezzo senza soffitto, con comoda poltrona reclinabile in finta pelle, tv,
lettore dvd, computer con connessione adsl e playstation. Sborsando poco di
più, invece della poltrona si può avere una sorta di dormieuse o la cabina
«in stile giapponese» con tatami, cuscini e coperte. Nel prezzo sono inclusi
free drink a volontà e con poche centinaia di yen si può comprare un pasto
caldo al distributore automatico. Ci sono anche docce comuni e il personale
fornisce kit con tutto l'occorrente: sapone, shampoo, spugna, dentifricio e
spazzolino.
Per chi perde l'ultimo treno una soluzione comoda e più economica del taxi
fino a casa, per i nuovi poveri un posto dove tirare a campare al riparo dal
freddo. I net cafè nanmin sono migliaia e il fenomeno è destinato ad
aumentare, tanto che anche il governo di Tokyo ha dovuto prendere atto del
problema. Il ministero della salute ha fatto un'indagine per quantificare il
fenomeno: secondo le stime ufficiali sono 5400 i giapponesi senza dimora che
si rifugiano nei net cafè. Ma considerando che esistono anche altri luoghi
con clienti «stanziali» come i manga kissa, i capsula hotel e i fast food
aperti tutta la notte, è probabile che le cifre ufficiali siano da
moltiplicare.
Non è facile fare un identikit del nanmin: generalmente maschio - il
rapporto tra uomini e donne è di uno a cinque - tra i venti e i trent'anni,
guadagna due soldi con lavoretti temporanei sottopagati. Ma ce ne sono anche
molti, circa il 20%, che hanno superato i cinquanta e si avvicinano all'età
della pensione da disoccupati, spesso divorziati e allontanati dalla
famiglia. L'uomo che il mese scorso ha appiccato il fuoco in un locale di
dvd a luci rosse di Osaka, provocando la morte di 16 persone, era un
disoccupato di 46 anni che abitava in una cabina per le proiezioni private.
«Ero stanco di vivere», ha detto ai poliziotti che l'hanno arrestato. Per
quelli come lui lo stato non fa nulla. Per ora si è limitato a contarli - e
nemmeno così bene - poi provvederà a farli assistere da consulenti del
lavoro per cercare di trovare impieghi migliori. Come se fosse una semplice
questione di incapacità o scarsa volontà di darsi da fare e non la
conseguenza di un sistema sbagliato che in un periodo di crisi come quello
attuale diventa spietato.
Invece, anche in Giappone come altrove, la forza lavoro low cost e zero
garanzie è sempre più richiesta, tanto nel privato quanto nel pubblico. Il
26% dei giovani tra i 25 e i 35 anni non ha un lavoro regolare e, secondo i
dati più recenti, quasi il 28% del personale impiegato nelle amministrazioni
locali è part time o temporaneo.
Il compenso orario minimo per i lavoratori temporanei è sotto i 1000 yen e
la maggior parte di loro non arriva ai 2 milioni di yen all'anno - circa
14mila500 euro - il livello minimo di sussistenza secondo i parametri
giapponesi. Ma accedere al sussidio statale per i poveri è molto complicato,
anche per chi ne avrebbe tutti i requisiti. Per una buona fetta di
popolazione è quindi facile, nel passaggio da un lavoro all'altro, cadere
nel circolo vizioso che porta dritto a una cabina di net cafè. Basta uno
scivolone, un licenziamento o un periodo troppo lungo di ricerca di un nuovo
impiego e i soldi per l'affitto non bastano più.
Ma niente casa significa niente lavoro. Il domicilio fisso è un prerequisito
necessario a trovarne uno. E per affittare un nuovo appartamento o anche
solo una stanza è necessario versare subito diverse caparre a fondo perduto:
con i prezzi di città come Tokyo e Osaka può diventare una cosa impossibile.
Di storie del genere tra i net cafè nanmin ce n'è a volontà. A sostituire le
famiglie e lo stato assenti, ci sono varie strutture nate ad hoc, come il
«network contro la povertà attraverso la mutua assistenza» creata
dall'Unione dei giovani lavoratori temporanei.
Uno sportello a cui poter far richiesta di piccole somme giornaliere o
qualcosa di più per le emergenze, come in caso di malattia, dato che circa
il 70% dei nanmin non ha l'assistenza sanitaria. Un tipo di aiuto a cui
ricorrere nei momenti più critici, in grado a stento di tamponare una
situazione che rischia di dilagare e sfuggire di mano al governo di Tokyo
sempre troppo distratto.
Di Aiko Takeda su Il Manifesto (30/10/2008)
Li chiamano «net cafè nanmin»: un esercito di migliaia di giapponesi
disoccupati e precari che, come alternativa all'affitto o per ripararsi dal
freddo, si rifugia in loculi iper tecnologici. Aspettando che passi la crisi
C'era una volta il capsula hotel. Era l'inizio degli anni novanta e dal
Giappone arrivava notizia dell'ultima stramberia nipponica: un loculo di un
metro per due per uno di altezza, dotato di vari comfort tecnologici dove
infilarsi, fare un po' di zapping davanti allo schermo tv incastonato sul
lato superiore della «capsula» e passare la notte spendendo relativamente
poco. I clienti, allora, erano per la maggior parte sarariman - impiegati -
che avevano perso l'ultimo treno della sera e sceglievano, perché no, di
riposarsi nel loculo.
Uno dei molti esempi, in Giappone, di sacrificio all'efficienza, sorta di
applicazione estremizzata del modulor lecorbousiano. Oggi i capsula hotel
sono la versione lussuosa dei rifugi per chi non ha casa. Tra i ricchi e i
senzatetto che abitano nelle baracche sotto i ponti delle megalopoli, in
Giappone è nata una nuova categoria di poveri, figlia della crisi economica
degli anni novanta e del passaggio dal sacro modello azienda famiglia-lavoro
a vita a quello del precariato infinito.
Li chiamano "NET CAFE NANMIN", i rifugiati degli internet cafè. Un esercito
di disoccupati, lavoratori temporanei, giornalieri o precari sottopagati in
generale, in grado di racimolare qualche soldo ma non tanto da permettersi
l'affitto di una stanza. Per loro le migliaia di internet cafè o manga
kissa - locali pieni di scaffali con una vastissima scelta di fumetti di
ogni genere - disseminati nel paese sono l'alternativa alla strada o alla
panchina di un parco. Le grandi città giapponesi sono piene di posti come
questi, nati per trascorrere i tempi di attesa: nella sterminata Tokyo, dove
una volta usciti di casa difficilmente ci si torna se non la sera per
dormire, i tempi morti - tra un appuntamento e l'altro, tra una lezione
all'università e una proiezione al cinema, fra il treno di mezzanotte e
quello delle cinque - possono essere tanti e lunghi e l'offerta dei servizi
per ammazzare il tempo si è sviluppata di conseguenza.
Aperti ventiquattr'ore su ventiquattro, dotati di postazioni semplici o
cabine private, i net cafè sono una valida alternativa all'hotel per chi
deve passare la notte fuori casa. Per meno di 2000 yen - più o meno 12
euro - si può affittare per tutta la notte una cabina due metri per uno e
mezzo senza soffitto, con comoda poltrona reclinabile in finta pelle, tv,
lettore dvd, computer con connessione adsl e playstation. Sborsando poco di
più, invece della poltrona si può avere una sorta di dormieuse o la cabina
«in stile giapponese» con tatami, cuscini e coperte. Nel prezzo sono inclusi
free drink a volontà e con poche centinaia di yen si può comprare un pasto
caldo al distributore automatico. Ci sono anche docce comuni e il personale
fornisce kit con tutto l'occorrente: sapone, shampoo, spugna, dentifricio e
spazzolino.
Per chi perde l'ultimo treno una soluzione comoda e più economica del taxi
fino a casa, per i nuovi poveri un posto dove tirare a campare al riparo dal
freddo. I net cafè nanmin sono migliaia e il fenomeno è destinato ad
aumentare, tanto che anche il governo di Tokyo ha dovuto prendere atto del
problema. Il ministero della salute ha fatto un'indagine per quantificare il
fenomeno: secondo le stime ufficiali sono 5400 i giapponesi senza dimora che
si rifugiano nei net cafè. Ma considerando che esistono anche altri luoghi
con clienti «stanziali» come i manga kissa, i capsula hotel e i fast food
aperti tutta la notte, è probabile che le cifre ufficiali siano da
moltiplicare.
Non è facile fare un identikit del nanmin: generalmente maschio - il
rapporto tra uomini e donne è di uno a cinque - tra i venti e i trent'anni,
guadagna due soldi con lavoretti temporanei sottopagati. Ma ce ne sono anche
molti, circa il 20%, che hanno superato i cinquanta e si avvicinano all'età
della pensione da disoccupati, spesso divorziati e allontanati dalla
famiglia. L'uomo che il mese scorso ha appiccato il fuoco in un locale di
dvd a luci rosse di Osaka, provocando la morte di 16 persone, era un
disoccupato di 46 anni che abitava in una cabina per le proiezioni private.
«Ero stanco di vivere», ha detto ai poliziotti che l'hanno arrestato. Per
quelli come lui lo stato non fa nulla. Per ora si è limitato a contarli - e
nemmeno così bene - poi provvederà a farli assistere da consulenti del
lavoro per cercare di trovare impieghi migliori. Come se fosse una semplice
questione di incapacità o scarsa volontà di darsi da fare e non la
conseguenza di un sistema sbagliato che in un periodo di crisi come quello
attuale diventa spietato.
Invece, anche in Giappone come altrove, la forza lavoro low cost e zero
garanzie è sempre più richiesta, tanto nel privato quanto nel pubblico. Il
26% dei giovani tra i 25 e i 35 anni non ha un lavoro regolare e, secondo i
dati più recenti, quasi il 28% del personale impiegato nelle amministrazioni
locali è part time o temporaneo.
Il compenso orario minimo per i lavoratori temporanei è sotto i 1000 yen e
la maggior parte di loro non arriva ai 2 milioni di yen all'anno - circa
14mila500 euro - il livello minimo di sussistenza secondo i parametri
giapponesi. Ma accedere al sussidio statale per i poveri è molto complicato,
anche per chi ne avrebbe tutti i requisiti. Per una buona fetta di
popolazione è quindi facile, nel passaggio da un lavoro all'altro, cadere
nel circolo vizioso che porta dritto a una cabina di net cafè. Basta uno
scivolone, un licenziamento o un periodo troppo lungo di ricerca di un nuovo
impiego e i soldi per l'affitto non bastano più.
Ma niente casa significa niente lavoro. Il domicilio fisso è un prerequisito
necessario a trovarne uno. E per affittare un nuovo appartamento o anche
solo una stanza è necessario versare subito diverse caparre a fondo perduto:
con i prezzi di città come Tokyo e Osaka può diventare una cosa impossibile.
Di storie del genere tra i net cafè nanmin ce n'è a volontà. A sostituire le
famiglie e lo stato assenti, ci sono varie strutture nate ad hoc, come il
«network contro la povertà attraverso la mutua assistenza» creata
dall'Unione dei giovani lavoratori temporanei.
Uno sportello a cui poter far richiesta di piccole somme giornaliere o
qualcosa di più per le emergenze, come in caso di malattia, dato che circa
il 70% dei nanmin non ha l'assistenza sanitaria. Un tipo di aiuto a cui
ricorrere nei momenti più critici, in grado a stento di tamponare una
situazione che rischia di dilagare e sfuggire di mano al governo di Tokyo
sempre troppo distratto.