DPR
2008-04-04 05:28:08 UTC
Bill Emmott: Tokio si scusi con Pechino, ecco la svolta per l' Asia
Su Il corriere della sera Pagina 33
(31 marzo 2008)
La più grande debolezza del Giappone è data dalla sua storia, e dalla sua
perdurante incapacità di lasciarsela alle spalle. I politici di destra del
Partito liberaldemocratico al governo - come Taro Aso, ministro degli Esteri
nel 2006-' 07 e candidato (perdente) alla guida del partito nel settembre
2007 - definiscono come una forma di «masochismo» l' attenzione data a
questo argomento.
Il Giappone, stando al loro modo di vedere le cose, si indebolisce
umiliandosi continuamente di fronte alla Cina e alla Corea del Sud per gli
eventi di 60-100 anni fa. Tuttavia, ciò significa rifiutarsi volontariamente
di vedere le cose. Ogni disputa e controversia sulle memorie storiche - che
riguardi i libri di testo, il tempio Yasukuni, gli indennizzi per il lavoro
forzato e la prostituzione coatta nel periodo bellico, o le atrocità come
quelle compiute dall' Unità 731 e il massacro di Nanchino - permettono a
Cina e Corea del Sud di mettersi su un piedistallo morale e di spingere il
Giappone sulla difensiva.
Entrambi i governi possono facilmente incitare (o rispondere a) l' opinione
pubblica dei loro rispettivi Paesi su tali questioni, e sfruttarle per i
loro scopi di politica interna. Ancor più dannoso per il Giappone è il fatto
che quelle questioni storiche gli fanno perdere amici e sostenitori anche
tra i suoi più stretti alleati in America, in Europa e nel Sudest asiatico.
Il costo diplomatico è alto, e viene pagato ogni anno. A meno che la
questione venga chiusa e consegnata al passato, è improbabile che il
Giappone possa assurgere pienamente a quello status di Paese sovrano
«normale» che tanti politici di alto rango, di entrambi i partiti
principali, dicono di desiderare con tutte le forze.
L' elenco delle azioni necessarie per incoraggiare la riconciliazione tra i
comuni cittadini del Giappone, della Cina e della Corea del Sud è lungo,
dettagliato e difficile da realizzare, dato l' interesse politico cinese e
coreano a tener vive tali questioni storiche. Ciò è spesso vero anche a
livelli più bassi, tra istituzioni e gruppi di patrocinio che su questa
acredine storica hanno costruito una vera e propria industria. Ma l' elenco
delle azioni richieste al governo giapponese è assai breve. La cosa più
intelligente che potrebbe fare sarebbe quella di lavorare per separare la
questione generale delle ragioni e dei torti storici, con il relativo
pentimento, da quella delle responsabilità, delle scuse e dei risarcimenti
per i singoli eventi e gli specifici crimini. In altre parole, esso dovrebbe
tener conto della dichiarazione di dissenso presentata da Radhabinod Pal al
processo di Tokio nel 1948, nella quale il giudice indiano fece una
distinzione tra le atrocità compiute dall' Esercito imperiale, di cui
riteneva che il Giappone fosse colpevole, e l' accusa generale concernente
l' uso della guerra come uno strumento di politica nazionale, accusa che
egli considerava ipocrita e legalmente assurda. I primi ministri
giapponesi - e, idealmente, anche i membri della famiglia imperiale -
potrebbero e dovrebbero cercare di creare delle opportunità per presentare
scuse e dichiarazioni di condanna delle specifiche atrocità dell' esercito,
incluse quelle di Nanchino e dell' Unità 731.
Se il governo cinese fosse d' accordo, i luoghi migliori per presentare
queste scuse e queste dichiarazioni sarebbero le stesse città di Nanjing e
di Harbin. Occorrerebbe istituire una commissione speciale col compito di
esaminare e avanzare proposte sulle questioni dei risarcimenti per il lavoro
forzato e la prostituzione coatta del periodo bellico, sul modello della
commissione tedesca, presieduta dal conte Otto Lambsdorff, che nel 1999 ha
accettato di istituire un fondo di cinque miliardi di dollari per gli
indennizzi e la ricerca in cambio della protezione contro le class action
intentate negli Stati Uniti. Metà del fondo tedesco è stata finanziata dal
governo della Germania e l' altra metà da compagnie private tedesche. Una
commissione di questo tipo richiederebbe la partecipazione dei governi della
Cina, della Corea del Sud e dei Paesi coinvolti nel Sudest asiatico, per
evitare che la questione degli indennizzi si trasformi in una questione
delle riparazioni nazionali intesa in senso più ampio.
La posizione ufficiale giapponese riguardo ai risarcimenti è che tutto è già
stato sistemato con il trattato di pace di San Francisco del 1951 e con i
successivi trattati firmati con i singoli Paesi, e che il Giappone non vuole
riaprire l' intera questione. È una posizione abbastanza corretta, ma, come
la Germania ha avuto modo di capire, la situazione può cambiare e il passare
del tempo non risolve le specifiche controversie ma, anzi, tende a
esacerbarle. Nuove prove vengono alla luce e cambiano gli stati d' animo, o
anche il giudizio morale e legale di fondo: per esempio, i fatti riguardo
all' Unità 731 e alla guerra biologica sono emersi solo trent' anni dopo il
trattato di San Francisco; e ora che la Corea del Sud e altri Paesi asiatici
sono in pace, sono affiorate molte più informazioni sulla prostituzione
coatta e il lavoro forzato di quante se ne conoscessero nel 1951.
Nel frattempo, altre due misure si rivelerebbero estremamente utili. Una è
l' introduzione di una legge speciale per far sì che il tempio Yasukuni
torni a essere di proprietà pubblica, legge che andrebbe introdotta come un'
eccezione alla generale separazione di Stato e religione sancita dalla
costituzione nipponica, in modo tale che il museo Yushukan possa passare
sotto un adeguato controllo pubblico e che lo status dei «martiri di Showa»,
i criminali di guerra le cui anime risiedono nel tempio, possa essere una
questione dibattuta e decisa a livello pubblico anziché rimanere sotto il
controllo delle autorità del tempio. Molte persone propongono invece l'
edificazione di un mausoleo bellico nazionale alternativo, cosa che di per
sé sarebbe un' idea perfettamente buona ma che, di fatto, non risolverebbe
il problema essenziale dello Yasukuni, e cioè che questo tempio, per via dei
suoi legami con la casa imperiale, avrà sempre uno status speciale e più
elevato di ogni possibile alternativa. L' altra misura sarebbe ancora più
difficile da realizzare, e potrebbe essere sbrigativamente liquidata dicendo
che verrebbe a scoperchiare troppi vasi di Pandora. Essa consisterebbe nell'
istituzione, da parte degli Stati Uniti - con un' iniziativa di cui
dovrebbero farsi carico sia il Congresso sia la Casa Bianca -, di una
commissione speciale di politici, storici e studiosi di diritto americani,
giapponesi ed europei, col compito di riesaminare lo status e la base
giuridica del processo di Tokio, il Tribunale militare internazionale per l'
Estremo Oriente. Questa iniziativa non potrebbe certo essere portata avanti
isolatamente dal resto. Ma a fianco di nuovi sforzi da parte giapponese per
presentare sincere scuse e offrire degli indennizzi per le specifiche
atrocità commesse dall' Esercito imperiale, diventerebbe una cosa fattibile.
Emmott Bill
Su Il corriere della sera Pagina 33
(31 marzo 2008)
La più grande debolezza del Giappone è data dalla sua storia, e dalla sua
perdurante incapacità di lasciarsela alle spalle. I politici di destra del
Partito liberaldemocratico al governo - come Taro Aso, ministro degli Esteri
nel 2006-' 07 e candidato (perdente) alla guida del partito nel settembre
2007 - definiscono come una forma di «masochismo» l' attenzione data a
questo argomento.
Il Giappone, stando al loro modo di vedere le cose, si indebolisce
umiliandosi continuamente di fronte alla Cina e alla Corea del Sud per gli
eventi di 60-100 anni fa. Tuttavia, ciò significa rifiutarsi volontariamente
di vedere le cose. Ogni disputa e controversia sulle memorie storiche - che
riguardi i libri di testo, il tempio Yasukuni, gli indennizzi per il lavoro
forzato e la prostituzione coatta nel periodo bellico, o le atrocità come
quelle compiute dall' Unità 731 e il massacro di Nanchino - permettono a
Cina e Corea del Sud di mettersi su un piedistallo morale e di spingere il
Giappone sulla difensiva.
Entrambi i governi possono facilmente incitare (o rispondere a) l' opinione
pubblica dei loro rispettivi Paesi su tali questioni, e sfruttarle per i
loro scopi di politica interna. Ancor più dannoso per il Giappone è il fatto
che quelle questioni storiche gli fanno perdere amici e sostenitori anche
tra i suoi più stretti alleati in America, in Europa e nel Sudest asiatico.
Il costo diplomatico è alto, e viene pagato ogni anno. A meno che la
questione venga chiusa e consegnata al passato, è improbabile che il
Giappone possa assurgere pienamente a quello status di Paese sovrano
«normale» che tanti politici di alto rango, di entrambi i partiti
principali, dicono di desiderare con tutte le forze.
L' elenco delle azioni necessarie per incoraggiare la riconciliazione tra i
comuni cittadini del Giappone, della Cina e della Corea del Sud è lungo,
dettagliato e difficile da realizzare, dato l' interesse politico cinese e
coreano a tener vive tali questioni storiche. Ciò è spesso vero anche a
livelli più bassi, tra istituzioni e gruppi di patrocinio che su questa
acredine storica hanno costruito una vera e propria industria. Ma l' elenco
delle azioni richieste al governo giapponese è assai breve. La cosa più
intelligente che potrebbe fare sarebbe quella di lavorare per separare la
questione generale delle ragioni e dei torti storici, con il relativo
pentimento, da quella delle responsabilità, delle scuse e dei risarcimenti
per i singoli eventi e gli specifici crimini. In altre parole, esso dovrebbe
tener conto della dichiarazione di dissenso presentata da Radhabinod Pal al
processo di Tokio nel 1948, nella quale il giudice indiano fece una
distinzione tra le atrocità compiute dall' Esercito imperiale, di cui
riteneva che il Giappone fosse colpevole, e l' accusa generale concernente
l' uso della guerra come uno strumento di politica nazionale, accusa che
egli considerava ipocrita e legalmente assurda. I primi ministri
giapponesi - e, idealmente, anche i membri della famiglia imperiale -
potrebbero e dovrebbero cercare di creare delle opportunità per presentare
scuse e dichiarazioni di condanna delle specifiche atrocità dell' esercito,
incluse quelle di Nanchino e dell' Unità 731.
Se il governo cinese fosse d' accordo, i luoghi migliori per presentare
queste scuse e queste dichiarazioni sarebbero le stesse città di Nanjing e
di Harbin. Occorrerebbe istituire una commissione speciale col compito di
esaminare e avanzare proposte sulle questioni dei risarcimenti per il lavoro
forzato e la prostituzione coatta del periodo bellico, sul modello della
commissione tedesca, presieduta dal conte Otto Lambsdorff, che nel 1999 ha
accettato di istituire un fondo di cinque miliardi di dollari per gli
indennizzi e la ricerca in cambio della protezione contro le class action
intentate negli Stati Uniti. Metà del fondo tedesco è stata finanziata dal
governo della Germania e l' altra metà da compagnie private tedesche. Una
commissione di questo tipo richiederebbe la partecipazione dei governi della
Cina, della Corea del Sud e dei Paesi coinvolti nel Sudest asiatico, per
evitare che la questione degli indennizzi si trasformi in una questione
delle riparazioni nazionali intesa in senso più ampio.
La posizione ufficiale giapponese riguardo ai risarcimenti è che tutto è già
stato sistemato con il trattato di pace di San Francisco del 1951 e con i
successivi trattati firmati con i singoli Paesi, e che il Giappone non vuole
riaprire l' intera questione. È una posizione abbastanza corretta, ma, come
la Germania ha avuto modo di capire, la situazione può cambiare e il passare
del tempo non risolve le specifiche controversie ma, anzi, tende a
esacerbarle. Nuove prove vengono alla luce e cambiano gli stati d' animo, o
anche il giudizio morale e legale di fondo: per esempio, i fatti riguardo
all' Unità 731 e alla guerra biologica sono emersi solo trent' anni dopo il
trattato di San Francisco; e ora che la Corea del Sud e altri Paesi asiatici
sono in pace, sono affiorate molte più informazioni sulla prostituzione
coatta e il lavoro forzato di quante se ne conoscessero nel 1951.
Nel frattempo, altre due misure si rivelerebbero estremamente utili. Una è
l' introduzione di una legge speciale per far sì che il tempio Yasukuni
torni a essere di proprietà pubblica, legge che andrebbe introdotta come un'
eccezione alla generale separazione di Stato e religione sancita dalla
costituzione nipponica, in modo tale che il museo Yushukan possa passare
sotto un adeguato controllo pubblico e che lo status dei «martiri di Showa»,
i criminali di guerra le cui anime risiedono nel tempio, possa essere una
questione dibattuta e decisa a livello pubblico anziché rimanere sotto il
controllo delle autorità del tempio. Molte persone propongono invece l'
edificazione di un mausoleo bellico nazionale alternativo, cosa che di per
sé sarebbe un' idea perfettamente buona ma che, di fatto, non risolverebbe
il problema essenziale dello Yasukuni, e cioè che questo tempio, per via dei
suoi legami con la casa imperiale, avrà sempre uno status speciale e più
elevato di ogni possibile alternativa. L' altra misura sarebbe ancora più
difficile da realizzare, e potrebbe essere sbrigativamente liquidata dicendo
che verrebbe a scoperchiare troppi vasi di Pandora. Essa consisterebbe nell'
istituzione, da parte degli Stati Uniti - con un' iniziativa di cui
dovrebbero farsi carico sia il Congresso sia la Casa Bianca -, di una
commissione speciale di politici, storici e studiosi di diritto americani,
giapponesi ed europei, col compito di riesaminare lo status e la base
giuridica del processo di Tokio, il Tribunale militare internazionale per l'
Estremo Oriente. Questa iniziativa non potrebbe certo essere portata avanti
isolatamente dal resto. Ma a fianco di nuovi sforzi da parte giapponese per
presentare sincere scuse e offrire degli indennizzi per le specifiche
atrocità commesse dall' Esercito imperiale, diventerebbe una cosa fattibile.
Emmott Bill